TA 1675, II, Buch 2 (italienische Künstler), S. 197
[Marginalspalte: CV. DOMENICO ZAMPIERI da Bologna]Con il precedente Guido Reni abbiamo per la gran parte narrato il grande frutto della scuola dei Carracci, che fu in verità una stimatissima accademia universale per tutta la gioventù in formazione. Vi si applicò e si distinse grandemente anche tale Domenico, e poiché egli si mostrò subito mirabile per il disegno delle figure, la rappresentazione degli affetti e delle passioni nelle storie sacre e profane, come anche nella Poesia, Sta per: favole mitologiche. poi egli fu sempre in competizione con Guido Reni; nel mentre però entrambi accrebbero molto la loro scienza, perché ciascuno considerava un vantaggio l’eccellenza della natura ed era con questa che voleva ottenere il primato. Ma come Madre Natura è in continua ricerca di trasformazione nel suo corso, così anche la nostra [Marginalspalte: Sa ben rappresentare le storie]inclinazione o maniera abituale non persiste su una [unica] strada; altrettanto l’ingegno ambizioso di Domenico volle cimentarsi con zelo nella rappresentazione delle storie, nonostante sia [questa] una parte molto difficile [della pittura], tanto da diventare un maestro molto famoso, come ne possono dare testimonianza tutta Roma e Napoli dato che vi lasciò molte opere degne di lode e di fama.
Nacque da stimate persone a Bologna nel 1581, e il suo progresso nell’arte avvenne dopo saldi fondamenti nella scuola dei Carracci, dove crebbe in abilità e virtù, fino a che egli infine, impadronitosi di siffatta arte, sposò una giovane virtuosa, si adattò bene all’economia domestica, Formula italianizzante nel testo: oeconomia, tradotto nell’edizione latina con “res familiaris”. Il termine ritorna nel Lebenslauf a proposito della tenuta di Stockau. e grazie al suo onesto comportamento fu con i suoi benedetto dalla caritatevole fortuna divina. Una delle sue prime opere fu una cappella a Grottaferrata, a sei miglia da Roma, Nell’edizione latina il luogo viene indicato in modo più circostanziato: “in agro Tusculano, in cenobio, quod Grotta ferrata dicitur.” per il cardinale Odoardo Farnese, per la quale lo aveva espressamente proposto Annibale Carracci, ed egli si comportò a meraviglia, facendo così capire il suo straordinario ingegno. Abbazia di Grottaferrata, Storie di San Nilo, affreschi. Spear 1982, pp. 159 sgg; si veda anche Denunzio 2000; Witte 2003. Mostrò poi la sua grande perizia in architettura L’episodio di segno più ufficiale riguardo alla carriera di architetto di Domenichino è la nomina ad Architetto Generale della Camera Apostolica da parte del papa Gregorio XV Ludovisi l’11 aprile 1621 (Bertolotti 1885, pp. 127–128). Sull’attività di architetto di Domenichino si veda G. Curcio, Le contraddizioni del metodo: l’architettura esatta del Domenichino, in Domenichino 1581–1641, in: Kat. Rom 1996-97, pp. 151–161. nella fabbrica del cardinale Agucchi, Si intende probabilmente qui il monumento funebre del cardinale Girolamo Agucchi in San Pietro in Vincoli. e altrettanto lodato fu il palazzo del cardinal Lancellotti a Roma, edificato su suo disegno. Domenichino disegnò solo il portale del palazzo Lancellotti ai Coronari, come riferito anche da Bellori. Era solito stare a Roma [Marginalspalte: Riceve 20.000 corone per dipingere una cupola]sino a quando non fu chiamato a Napoli per completare la cupola di una bella chiesa: senza che lo narri la mia penna, sarà l’opera stessa ad elogiare e lodare il maestro, come il fatto che egli venisse poi pagato 20000 corone per questo [lavoro], e che di nuovo a Roma fosse accompagnato da grande stima. Napoli, San Gennaro, Cupola della cappella del Tesoro, affreschi perduti: Spear 1982, p. 299. Per questa opera la sua fama risuonò ovunque, sicché poi egli rimase stabilmente a Roma. Ma prima di quell’epoca la sua reputazione derivava soprattutto dalle opere [Marginalspalte: Le opere romane]che ora seguono. All’inizio egli dipinse insieme a Guido Bolognese nella cappella di San Gregorio a Roma, e ognuno di loro [eseguì] una grande storia a fresco. Guido fece il Sant’Andrea condotto [al martirio], nel momento in cui vede da lontano la croce su cui dovrà patire, si inginocchia, e ringrazia Dio per averlo considerato degno di subire il martirio al suo cospetto a a sua gloria; e non appena fu resa nota, divenne una delle sue opere
[Marginalspalte: CV. DOMINICO ZAMPIERI von Bolognen.]WIr haben bey vorgehenden Guido Rhem mit mehrerm erzehlt die große Frucht der Caraccischen Schul/ als welche in Warheit eine hoch-geprisene allgemeine Academie aller Lehr-Jugend gewesen/ und deren auch fürnemlich dieser Dominico sich beflissen/ und darinn herfürgethan/ auch deswegen gleich in Zeichnung der Bilder/ Ausbildung der affecten/passionen/ oder Begierden/ in geistlich und weltlichen Historien/ wie auch in der Poësia, ganz verwunderlich sich sehen lassen/ darum er dann auch mit Guido Rhem stetigs einen Kunst-Streit gehabt/ worbey aber beede/ in der Wissenschaft/ hoch gestiegen/ weiln ein jeder die Fürtreflichkeit der Natur zu einem Vortheil hatte/ und damit den Vorzug erhalten wolte; Gleichwie aber die Mutter die Natur allezeit in ihren Verrichtungen eine Veränderung sucht/ also verharret auch unsere [Marginalspalte: Ist gut in Ausbildung der Historien.] Inclination oder angewohnte Manier nicht auf einem Wege/ massen des Dominico hochfliegender Geist sich zu der Ausbildung der Historien eifrig bequemen wollen/ so daß er in demselben/ obwol sehr schwerem Stuck ein fast berühmter Meister worden; wie dessen Zeugnus ganz Rom und Neapolis/ geben kan/ als darinnen er viel Ruhm und Lob-würdige Werke gelassen. Im Buch zur Malerei trägt Sandrart nach, dass er sich während seiner Zeit in Rom Domenichino zum Lehrer erwählt hatte (TA 1679, III (Malerei), S. 70); vgl. Klemm, Kommentar Viten 1995, S. 844, Anm. 470,31.
Seine Geburt und Herkommen ist von belobten Leuten 1581. in Bolognien/ sein progress aber in der Kunst beschahe/ nach wolgelegtem Fundament/ in der Caraccischen Schul/ als worinnen er in Geschicklichkeit und Tugend aufgewachsen/ bis er sich endlich nach solch ergriffener Kunst mit einer tugendsamen Jungfrauen vermählet/ und darauf in die Oeconomie In der lateinischen Ausgabe wird dieser Begriff durch das Idiom »res familiaris« (Hauswesen, Vermögen) ersetzt (vgl. Sandrart, Academia 1683, S. 186). sehr wol geschicket/ auch durch einen guten Wandel allen Göttlichen mildreichen Segen für sich und die Seinigen erhalten. Eines seiner ersten Werke war eine Capelle/ zu grota Ferrata 6. Meilen von Rom In der lateinischen Ausgabe wird diese Ortsangabe noch zusätzlich präzisiert: »in agro Tusculano, in cenobio, quod Grotta ferrata dicitur« (vgl. Sandrart, Academia 1683, S. 186)./ fur den Cardinal Odoardo Farnese, wozu Annibal Carac ihn Dominico expressè darzu vorgeschlagen/ und er sich wunder-wol verhalten auch dadurch seinen Verstand treflich verspüren lassen; also zeigte er in der Architectura seine grosse Erfahrenheit Als deutlichstes offizielles Zeichen zeugt Domenichinos Ernennung zum Architetto Generale della Camera Apostolica durch Papst Gregor XV. am 11. April 1621 von dessen Karriere als Architekt (vgl. Antonio Bertolotti: Artisti bolognesi, ferraresi ed alcuni altri del già Stato pontifico in Roma, Bologna 1885, S. 127 f.)./ in dem Bau des Cardinals Aguchi Gemeint ist wohl das Grabmal für Kardinal Girolamo Agucchi (1605–1606). Um dieselbe Zeit dürfte auch die Darstellung des Triumphbogens entstanden sein, die das gemeinsame Interesse von Agucchi und Domenichino an der Formensprache der antiken Architektur bezeugt (vgl. Silvia Ginzburg Carignani: Domenichino e Giovanni Battista Agucchi, in: Kat. Rom 1996-97, S. 121–137, S. 122). Von Domenichinos Beschäftigung mit der Architektur, die sich vor allem in Entwürfen und theoretischen Ideen manifestierte, zeugen diverse Zeichnungen in Windsor Castle (vgl. Pope-Hennessy 1948, Nr. 1735–1754). Sowohl von seinen Zeitgenossen Bellori, Passeri u.a. als auch noch im 18. Jh. wurde Domenichino als Architekt verstanden (siehe auch Giovanna Curcio: Le contraddizioni del metodo. II. L’architettura esatta di Domenichino, in: Kat. Rom 1996-97, S. 151–161)., wie ingleichen des Cardinals Lancellotti Pallaz zu Rom/ nach seinem Abriß erhoben/ fürtreflich gelobet worden. Meistens sonsten hielte er sich zu Rom auf/ biß daß er nach Neapoli zu [Marginalspalte: Bekommt 20000. Cronen für eine Cupel zu mahlen.] Ausfärtigung der Cupula, einer schönen Kirchen / beruffen worden/ worinnen ohne meiner Feder Vermeldung das Werk selbst den Meister loben und rühmen wird/ wie ihme dann 20000. Cronen darfür bezahlt/ auch er darauf wieder nach Rom gar reputirlich begleitet worden.Aus welchem Werk dann nun sein Ruhm allenthalben erschollen/ so/ daß er beständig hernach zu Rom verblieben; vor solcher Zeit aber ist sein Ruff meistens in folgendem [Marginalspalte: Seine Werke zu Rom.] bestanden. Anfangs mahlete er mit Guido Bolognes in der Capellen des heiligen Gregorii zu Rom/ und deren ein jeder eine grosse Historie in fresco. Guido zwar machte die Ausführung des heiligen Andreae, wie er von weitem das Creutz/ an dem er leiden solte/ erblickete/ niederkniete/ und Gott/ daß er ihn würdig vor sich und ihm zu Ehren zu leiden/ hielte/ dankete/ so dann eines von seinen
più grandi e famose. Sant’Andrea condotto al martirio, affresco, Roma, Abbazia dei Santi Andrea e Gregorio Magno al Celio, Oratorio di Sant’Andrea: Pepper 1984, cat. 32. Il nostro Domenico rappresentò invece di fronte, nella stessa grandezza, il martirio del menzionato Sant’Andrea Apostolo, quando appunto viene steso dagli sgherri su un tavolo di tortura ed esortato a rinnegare la religione cristiana. Sul suo viso si manifestano molto bene la grande pazienza e la fermezza virile, come al contrario negli sgherri e negli altri brutti ceffi [appaiono] lo zelo e la solerzia nel martirizzare questo vecchio santo; e ancora specialmente la loro crudele malvagità, le minacce e i colpi, le violenze, spaventose e ripugnanti, sono correttamente rappresentati dal naturale, tanto che lo spettatore si arrende in egual misura alla commozione e alla compassione; il tutto con una disposizione così decorosa e con un disegno tanto eccellente, che non si sarebbe potuto desiderare di meglio, e lo si può osservare a sufficienza e copiare dalle incisioni. Flagellazione di Sant’Andrea, affresco, Roma, Abbazia dei Santi Andrea e Gregorio Magno al Celio, Oratorio di Sant’Andrea: Spear 1982, cat. 33. Incisa da Carlo Maratti. Sull’attenzione di Sandrart per le opere dell’Oratorio si veda anche Perini 1996, soprattutto la p. 72. Perciò già questa sua prima eccellente opera aveva destato la speranza in uno sviluppo ancora maggiore.
[Marginalspalte: Altre opere sue.]In seguito egli dipinse ancora un’opera di simile grandezza, la santa vergine Cecilia, ferita e caduta nel sangue, e tuttavia ancora viva, nel momento in cui fu considerata morta dal Papa e da altri cristiani, visitata e pianta, [opera] dipinta e ornata con concetti molto profondi. Storie di Santa Cecilia, affresco, Roma, San Luigi dei Francesi, cappella Polet: Spear 1982, cat. 42. Sandrart ricorda solo l’episodio culminante del martirio di Santa Cecilia, nel ciclo con le storie della santa affrescato nella cappella Polet di San Luigi dei Francesi, senza peraltro indicare la collocazione. In un’altra grande opera a Roma ha rappresentato San Gerolamo spirante, che riceve la santa comunione prima di lasciare il mondo; vi si possono parimenti trovare molte adeguate figure di astanti, un coro di angeli, e bei paesaggi, e così l’ha poi pubblicato in rame Cesare Testa. Ultima Comunione di S. Girolamo, olio su tela, Musei Vaticani, Pinacoteca: Spear 1982, cat. 41. Il dipinto fu commissionato al Domenichino dall’Arciconfraternita della Carità per l’altar maggiore della chiesa di S. Gerolamo della Carità a Roma, sul quale rimase fino al 1797, ed ebbe subito grande risonanza. I pagamenti per il dipinto e per la sua cornice sono pubblicati da Cropper 1984. Sul dipinto, sul rapporto con la tela di uguale soggetto di Agostino Carracci, e sul dibattito che la versione del Domenichino subito suscitò si veda da ultimo. Cropper 2005, con bibliografia. Sandrart menziona anche l’incisione eseguita da Cesare Testa sulla base del dipinto. E quello che supera quasi tutti [i dipinti] a Roma, la grande opera che insieme ad altre sta nella villa o palazzo del cardinal Borghese: Diana che distribuisce alle sue ninfe archi, faretre e frecce, per esercitarsi a gara a tirare. Caccia di Diana, olio su tela, Roma, Galleria Borghese. Spear 1982, cat. 52. Sandrart ne parla anche nel proprio Lebenslauf, citando il dipinto come presente alla presunta esposizione di Santa Maria di Costantinopoli (per la quale si rinvia a Costello 1950 e al catalogo della mostra Roma 1630. Il trionfo del pennello (Kat. Rom 1994). Sul dipinto, dopo K. Hermann Fiore nel catalogo Rom 1996, si veda da ultimo in italiano Kliemann 2001, già idem, Kunst als Bogenschießen: Domenichinos «Jagd der Diana” in der Galleria Borghese, in «Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana”, XXXI, 1996, pp. 273–312 e, di recente, Pierguidi 2009. E ancora, nella chiesa di San Pietro [dipinse] un grande altare, con San Sebastiano legato e martirizzato con le frecce dai soldati di Diocleziano, Martirio di San Sebastiano, trasportato da S. Pietro in Santa Maria degli Angeli: Spear 1982, cat. 92.e in Sant’Andrea della Valle i quattro grandi evangelisti dipinti nella volta; Quattro Evangelisti, affresco, Roma, S. Andrea della Valle, pennacchi della cupola: Spear 1982, cat. 88. Si veda più di recente, dopo il restauro: Bernardini 2003. così pure in un’altra chiesa di Carlo Borromeo le quattro virtù primarie, Fede, Carità, Speranza, Temperanza, a fresco, due volte la grandezza naturale. Virtù cardinali, affresco, Roma, S.Carlo ai Catinari, pennacchi della cupola: Spear 1982, cat. 102. Sandrart le cita genericamente come “principali”, descrivendole poi effettivamente come virtù teologali, che sono però tre, e aggiungendovi la virtù cardinale della Temperanza. Invece si tratta effettivamente delle virtù cardinali, Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza. Sulla presenza di un programma araldico borromaico negli affreschi di S. Carlo ai Catinari si veda Loskoutoff 2000; Preimesberger 2001. Così, per testimonianza di tutti gli intenditori d’arte, Domenichino era a buon diritto e ragione da lodare grandemente e da tenere in particolare onore, perché con la sua vita esemplare e costumata lasciò una buona fama alla nobile pittura, e si congedò da questo mondo gloriosamente all’età di 59 anni. Lasciò una figlia ricca, bella e virtuosa, che andò in sposa a Napoli ad una persona nobile e titolata. Il lettore benevolo troverà la sua effigie nella tavola S. Alla tav. S si trova invece un ovale vuoto, così di nuovo in edizione latina (Sandrart, Academia 1683, tav. S dopo p. 172). Il ritratto sarà poi inserito da Sandrart nel volume del 1679 alla tav. 4. Per il disegno preparatorio si veda Mazzetti di Pietralata 2011, cat. 321.
gröst-und berühmtesten Werken/ gleichwie an seinem Orte gemeldet worden/ gewesen. Unser Dominico aber bildete dagegen in selbiger Größe/ bedüttenen H. Apostels Andreae Marter/ wie er nämlich von denen Kriegs-Knechten auf eine Folter-Bank gespannt/ und zu Verläugnung der Christlichen Religion angehalten wird. An welchem Heiligen dann die große Gedult und mannbare Beständigkeit/ wie hingegen auch der Henkersknechte und anderer losen Schälk Fleiß und Emsigkeit in Marterung dieses alten Heiligen sehr wol erscheint und zu Gesicht komt/ und zwar weiters auch sonderlich ihre grausame Boßheit/ Betrohungen und Streiche/ mit eigentlicher Gewaltthätigkeit ganz abscheulich und schreckhaft recht nach dem Leben gebildet/ wie nicht weniger der Zuseher bewegliches Mitleiden sehr wol sich ergibet/ alles mit so gebührlicher Ordnung und furtreflicher Zeichnung/ daß es nicht bäßer möchte zu wünschen gewesen seyn/ wie es dann aus den Kupfferstichen der Genüge nach kan vermerkt und abgenommen werden; Dannenhero auch dieses sein erstes fürnehmes Stuck gleich die Hoffnung zu größerem Ausnehmen und Wachsthum erwecket hat.
[Marginalspalte: Andere seine Werke.] Ferner mahlte er noch ein so großes Werk von der Verwundeten und im Blut Wallenden/ auch wiederum belebten/ heiligen Jungfrauen Caecilia, als die für todt von dem Papst und andern Christen angesehen/ besucht und bedauret worden/ so auch mit sehr tiefsinnigen Gedanken gemahlt und ausgezieret ist. In einem andern großen Werk/ zu Rom/ hat er vorgestellt/ wie der heilige Hieronymus in Gesegnung dieser Welt zuvor die heilige Communion empfähet/ worinnen dann viel umstehende hierzu dienliche Bilder/ deßgleichen ein Chor Engel und schöne Landschaften zu finden und anzutreffen/ so Caesar Testa hernach in Kupfer ausgehen lassen; Und welches fast über alle zu Rom das unter andern in des Cardinal Borgese Lustgarten oder Palast stehende große Werk von Diana, welche ihren Nymfen/ zum Streit/ Bögen/ Köcher und Pfeile austheilet/ um sich in dem Schiessen zu üben; wieder in S. Peters Kirche ein großer Altar/ wie der heilige Sebastian angebunden/ und mit Pfeilen durch Diocletiani Kriegs-Knechte gemartert wird/ bey S. Andrea della Valle auch die 4. große ins Gewölb gemahlte Evangelisten; deßgleichen in einer andern Kirchen Caroli Borromaei vier vornehmste Tugenden/ als Glaub/ Lieb/ Hoffnung und Mässigkeit über zweymal in Lebens-Größe in fresco; bleibet also bey aller Kunst-Verständigen Gezeugnus/ daß Dominico mit gutem Grund und Fug höchst zu preisen/ und in sonderlichen Ehren zu halten seye/ als welcher der edlen Mahlerey ein schönes Lob durch sein exemplarisches Sitten-Leben hinterlassen/ und einen rühmlichen Abschied im 59. Jahr seines Alters aus dieser Welt genommen; er hinterließ eine reiche/ schön und tugendsame Tochter/ welche zu Neapoli an eine vornehm-titulirte Person verheurahtet worden. Sein Contrafät wird der günstige Leser in der Kupferblatte S. finden Das Vitenporträt Domenichinos befindet sich nicht auf Tafel S, wo sich ein leeres Oval befindet, sondern auf Tafel 4. Sandrart berichtigt seine Angaben auf TA 1679, III (Malerei), S. 70 und schreibt auch im Bericht an den Buchbinder, dass er das hier versprochene Bildnis erst 1679 im dritten Teil einfügen konnte..
Übersetzung von Cecilia Mazzetti di Pietralata
Originaltext